A
poche ore dalla divulgazione dei documenti riguardanti l’ispezione del
ministero della Sanità che boccia il nosocomio crotonese per numerose criticità,
che "attengono all'ambito organizzativo-gestionale, agli aspetti di
gestione del rischio clinico e alla sfera relazionale" e dopo la “promessa
mantenuta”, seppur in notevole ritardo, delle dimissioni del D.G. Dr.Sergio
Arena coincise con quelle del D.G. dei “Riuniti” di Reggio Calabria il settore
sanitario calabrese continua a far parlare (male) di sé.
Un
settore, quello sanitario, sottoposto ad un commissariamento “sine die” (e non “sine
qua non” come avrebbe dovuto essere) con un debito dalla quantizzazione
ballerina ma tendente paradossalmente al rialzo che sta danneggiando sia le
strutture pubbliche che i laboratori convenzionati e tutto a discapito dell’utenza
che continua a far lievitare per forza di cose il bilancio negativo dell’emigrazione
sanitaria.
Il
blocco delle assunzioni che si alterna alle assunzioni di primari per reparti
inesistenti persiste nonostante l’emergenziale crisi del personale medico,
paramedico ed infermieristico sottoposto inevitabilmente a turni disumani che
mettono a rischio l’intero servizio a danno dei cittadini che manifestano
oramai una inevitabile esasperazione.
In
antitesi siamo stati costretti ad assistere al boicottaggio, a Crotone, di
professionalità che oltre alle elevate prestazioni mediche stavano cercando di
dare un assetto organizzativo nei reparti di competenza (il caso del prof.
Brisinda è diventato nazionale grazie all’incapacità di una dirigenza non
scevra da favoritismi e clientelismi partitici alquanto discutibili) ed alla
chiusura di interi reparti nei vari ospedali della regione se non, addirittura,
alla rimozione di intere strutture ospedaliere laddove dovrebbero essere
potenziate.
Lo
scenario risponde esattamente ad un diktat superiore che guarda i numeri
piuttosto che le persone e che calpesta il diritto alla salute dei calabresi
per ambizioni politiche personali che nulla hanno di umanitario.
Nelle
ultime settimane proprio presso l’ospedale di Crotone si sono registrati casi
di “violenza” verso il personale ospedaliero causato dalla oramai incontenibile
esasperazione delle persone costrette a rivolgersi alle cure mediche ma che si
scontrano con una realtà quasi apocalittica fatta di liste di attesa
interminabili, pronti soccorsi pieni e decine di ore di attesa per essere
visitati (e quindi confortati, curati o ricoverati).
Oggi
anche il ricovero ospedaliero è diventato un lusso e se si ha la fortuna di
rientrare tra i privilegiati sottratti a sorte abbiamo scoperto, grazie alla
segnalazione di un cittadino, ci si ritrova a fare i conti con medici
maleducati ed arroganti che non mostrano alcuna sensibilità verso chi soffre.
L’episodio
riferitomi vede come protagonista un signore ultrasettantenne affetto da
patologia oncologica epatica con complicanze infettive che era stato ricoverato
nel reparto di medicina interna per una terapia antibiotica somministrabile solo
in ambito ospedaliero ma che, solo per essersi concesso il “lusso” di una
televisione, è stato verbalmente e volgarmente aggredito dal medico di turno
(il secondo giorno) perché, pare, che sia vietato “distrarsi” in lunga degenza.
Non
mi risulta che sussista il divieto di guardare la televisione in ospedale (tant’è
che in parecchie strutture si noleggia o si paga a gettoni, ma non è il caso di
Crotone) ed anche se assurdamente esistesse ci sono modi e modi di far presente
ai degenti i regolamenti da rispettare.
Inviterei
tutto il personale ospedaliero a riflettere sulle parole che il grande Padre
Pio pronunciò all’inaugurazione dell’ospedale da lui fondato, Casa Sollievo
della Sofferenza:
“Voi
avete la missione di curare il malato, ma se al letto del malato non portate
l’amore, non credo che i farmaci servano a molto”.
Paola Turtoro
Portavoce regionale AZIONE
IDENTITARIA CALABRIA
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